La storia della fotografia di moda è strettamente legata allo sviluppo dell’industria fashion.
Fin dai suoi esordi, la fotografia è stata considerata un mestiere portato avanti da artigiani, non artisti. La fotografia era vista solo come un servizio commerciale capace di adeguarsi a diversi settori, come quelli dell’industria, della moda e della pubblicità.

Storia della fotografia di moda

Dalla seconda metà dell’800 alcuni professionisti si affermano come fotografi di moda famosi grazie ai ritratti di donne aristocratiche e alla moda, una pratica che avrebbe impostato il futuro della fotografia di moda. La tendenza presto coinvolse anche celebrità del mondo del teatro, come l’attrice Sarah Bernardt, inaugurando il legame simbiotico tra moda e personaggi famosi che dura ancora oggi.

Fotografia di moda

L’ascesa delle riviste di moda.
I primi prototipi di riviste di moda risalgono al XVII secolo. Col suo debutto nel 1867, Harper’s Bazaar divenne la prima rivista di moda americana, a cui presto seguì Vogue nel 1892.
La loro comparsa coincise con il progresso tecnologico che rese possibile la riproduzione delle fotografie in serie; a partire dal 1890 le nuove tecniche di stampa permisero a testi e fotografie di apparire sulla stessa pagina, sostituendo le illustrazioni.
Agli inizi del ‘900 Vogue emerse come leader delle pubblicazioni di moda. Ma nel 1932 l’editor di Vogue, Carmel Snow, si trasferì nella redazione di Harper’s Bazaar: grazie a lei, la rivista divenne un influente e pionieristico riferimento per la moda degli anni ’30.
Col motto “for well-dressed women with well-dressed minds”, Snow creò il primo vero look americano. Louise Dahl-Wolfe divenne il capo del settore fotografico; le sue copertine a colori, raffiguranti modelle baciate dal sole in assolati set esterni riflettono l’indipendenza della donna moderna.

Fotografi famosi di moda

La 2° Guerra Mondiale cambiò drasticamente le priorità della vita comune: il motto “Make do and Mend”, titolo di una pubblicazione promossa dal Ministero dell’Interno Britannico, guidò le donne attraverso i rigori imposti dal conflitto. La donna doveva provvedere all’abbigliamento della famiglia, quindi il testo insegnava come ricavare gonne e camicette partendo da capi di foggia maschile e, all’occorrenza, rammendare con stile.

Il secondo dopoguerra
In reazione al rigore e alle privazioni della guerra, i designers di moda avviarono una crociata per la riconquista della femminilità e del glamour. Nel ’47 Christian Dior lanciò una collezione primavera/estate con l’obiettivo di “riportare tra noi la bellezza dell’abito femminile, con forme morbide e rotonde e gonne fluenti”. Lo stile Dior divenne così iconico che ha continuato ad influenzare generazioni di stilisti, tra i quali Miuccia Prada, Vivienne Westwood e Alexander McQueen.
Fu il fotografo Willy Maywald ad immortalare la donna Dior lungo le strade di Parigi.

Il New Look di Dior, così ribattezzato da Harper’s Bazaar, attirò numerose critiche per il ritorno del corsetto, visto come un’imposizione dell’idea maschile di femminilità. Secondo Coco Chanel “solo un uomo che non è mai stato veramente in intimità con una donna poteva disegnare una cosa così scomoda”!

Con l’evolversi della società e l’affermazione dei movimenti giovanili, la moda negli anni ‘60 sarà rappresentativa di una vera e propria rivoluzione.
E così i fotografi di moda rinnoveranno i loro schemi per riflettere al meglio la nuova società.

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